Corsi di formazione professionale per i nuovi operatori, etichette dei prodotti che distinguano il pane fresco da quello a lunga conservazione, concertazione sindacale per fissare orari settimanali e turni di riposo: sono queste alcune delle proposte formulate dai panificatori toscani ai legislatori della Regione. I panificatori aretini: “contiamo che vengano accolte tutte le nostre istanze. Le nuove regole servono a tutelare categoria e consumatori”
Presto ci vorrà un diploma per fare il fornaio in Toscana. I tecnici della Regione, impegnati a studiare un testo di legge specifico in materia di panificazione, hanno accolto infatti alcune delle proposte avanzate dalla categoria per mezzo delle tre sigle sindacali Confcommercio, CNA e Confartigianato Imprese.“Basta con l’improvvisazione– dice Eraldo Picchi, presidente dell’Associazione Panificatori della provincia di Arezzo, che riunisce gli operatori del settore di Confcommercio, CNA e Confartigianato – la tutela della panificazione toscana deve passare dalla formazione, con corsi che abilitino i nuovi operatori sia dal punto di vista professionale che da quello imprenditoriale. Convinti di questo, abbiamo sottoposto alla Regione l’ipotesi di corsi di qualifica professionale propedeutici all’apertura di nuove attività di panificazione. Dovranno essere ben articolati, comprensivi di una parte teorica e di una pratica con stage nelle aziende”.“Oggicon la liberalizzazione chiunque può aprire un forno- spiega il vicepresidente dei panificatori aretini Tommaso Moretti – purchè abbia soldi da investire nei locali e nei macchinari. L’unico requisito richiesto è la licenza REC, ma solo se alla panificazione si abbina la vendita di altri generi alimentari, altrimenti neppure quella, se si vende solo pane di propria produzione. Ma anche prima del decreto Bersani l’apertura di un’attività era vincolata a meri criteri quantitativi: erano le Camere di Commercio a decidere se concedere o no la licenza, in base al rapporto tra il fabbisogno di pane del territorio e la potenzialità produttiva dei forni esistenti”. Se la Regione Toscana dovesse accogliere la proposta dei panificatori nel testo definitivo della legge, ”sarebbe una svolta epocale –sottolinea Moretti –la nostra categoria potrebbe crescere qualitativamente offrendo maggiori garanzie ai consumatori”.Oltre a quella inerente la formazione obbligatoria, le associazioni dei panificatori toscani hanno formulato altre richieste alla Regione. In particolare, la definizione di criteri più trasparenti per l’etichettatura del pane, che prevedano la distinzione tra “"pane fresco" e "pane a lunga conservazione". “Sulla scorta di quanto è avvenuto per l’olio – spiega Moretti – ci sembra giusto che il consumatore possa scegliere consapevolmente anche il tipo di pane che vuole”.Infine, la questione degli orari: ”chiediamo – dice il vicepresidente dei panificatori aretini – che la determinazione degli orari di vendita e del riposo settimanale siano frutto di una concertazione tra associazioni di categoria, sindacati dei lavoratori e Comuni”.Adesso tocca ai legislatori della Regione Toscana valutare nel dettaglio le ipotesi dei panificatori arrivando a settembre alla stesura di una bozza di testo legislativoche sarà poi sottopoasta al vaglio della categoria. “Contiamo che vengano accolte tutte le nostre istanze – dice Tommaso Moretti –la nostra categoria ha una voce sola e saprà farsi ascoltare”.