Insegnare a riempire quel vuoto che troppo spesso impedisce ai genitori di saper parlare con i propri figli è uno degli obiettivi della scuola per genitori promossa da Confartigianato Imprese di Arezzo che ha preso il via ieri sera presso l'Etrusco palace Hotel di Arezzo. Protagonista della serata il noto psichiatra e psicologo Paolo Crepet, direttore scientifico della Scuola per Genitori, che ha intrattenuto 350 persone per oltre 2 ore. Un intervento a tutto tondo quello di Crepet, che ha sottolineato con esempi forti e a volte quasi paradossali come la società odierna abbia dimenticato ampiamente l'importanza della funzione educativa un po'a tutti i livelli, partendo dalla famiglia. «In questi anni pur di non fare i genitori ce ne siamo inventate di tutti i colori – ha esordito il professor Crepet – ci siamo rifugiati dietro ad un baratto dove concediamo libertà e denaro ai nostri figli per fare in modo che poi non ci chiedano niente e non ci disturbino». Una situazione nella quale la funzione educativa del «No» viene negata a tutti i livelli, dalla scuola alla famiglia, alla burocrazia, lasciando i nostri figli rintontirsi alla televisione. «I ragazzi – ha sottolineato ripetutamente Crepet – hanno bisogno di un capitano, una guida, un Virgilio, “Capitano mio capitano” autorevole. Noi genitori abbiamo sbagliato nel non dare un capitano i nostri figli. Gli togliamo ciò che dovrebbero avere, e gli diamo ciò che non dovrebbero avere: il comando». La funzione educativa infatti «non è un processo democratico». È come se nel bel mezzo dell'oceano, mentre si avvicina una tempesta «il comandante chiamasse a raccolta tutto l'equipaggio, incluso i cuochi, per chiedere il da farsi e poi deliberare democraticamente la decisione presa insieme. I ragazzi hanno bisogno di un capitano che gli sappia indicare la strada, che sappia dove vuole dirigere la nave, che sappia cosa fare mentre arriva una tempesta». Questo perché abbiamo un'idea di futuro «molto labile»; è per questo che non facciamo più figli, e «non perché non c'è il quoziente familiare che ci garantirebbe 80 euro in più al mese». Se fossimo più coscienti di questo e veramente ci piacessero i bambini come diciamo «innanzi tutto ne faremmo di più, pagheremmo di più le maestre, risistemeremmo le scuole, penseremmo maggiormente ai doposcuola, insomma, metteremmo maggiori risorse sull'educazione, e non soltanto economiche, ma anche di pensiero e idee. Non si può fare cassa, a discapito dei bambini». Come è avvenuto a Parma in una scuola dove sono stati tagliati 10 minuti di ricreazione, «un atto crudele che mina un momento educativo fondamentale, il momento più pedagogico». Allo stesso tempo si vieta di tornare a casa da soli a scuola fino ai 15 anni, ma si permette «per ingrassare qualche barista» di fa bere i minori. Si cerca di evitare in ogni modo che i bambini si facciano male eliminando gli spigoli nei mobili, fornendo caschi e ginocchiere, ma in questo modo «si elimina la funzione educativa della caduta, che è data dalla legge universale e imprescindibile dell’esperienza». «Cadere – ha spiegato Crepet – è una metafora della vita. Nella vita infatti bisogna imparare a cadere, per poi rialzarsi, capire che si hanno le forze per sopportare il peso di questi momenti. «Adesso si avvicina il Natale e molti di noi riempiranno i loro figli di regali di ogni tipo per essere sicuri di azzeccare quello giusto. Niente di più sbagliato perché così uccidiamo il desiderio. Togliendo il desiderio ai nostri figli, gli si toglie la passione, e con esso un progetto di vita. La serata si è intercalata con il pubblico che è intervenuto con riflessioni sulla vita quotidiana, ed anche la Provveditrice agli Studi di Arezzo Dott.ssa. Lodovichi, presente alla serata, è intervenuta con valutazioni che hanno dimostrato la particolare sensibilità agli argomenti trattati e una spiccata professionalità invitando ad una sinergia di forze per il fine ultimo: IL BENE DEI NOSTRI FIGLI.