Nelle lavanderie self service il cliente deve azionare lavatrice e asciugatrice da solo. Non deve esserci un incaricato a ricevere i panni e magari anche consegnarli, non devono esserci collegati servizi accessori, come stiratura, rammendo ecc, nello stesso esercizio o in un locale adiacente.
“Sembra un concetto ovvio – spiega Federica Bidi, presidente provinciale delle pulitintolavanderie di Confartigianato Arezzo – ed è anche la previsione della legge, ma invece accade spesso che nei locali di una lavanderia self service vi sia qualcuno a ricevere la merce, magari anche a riconsegnarla dopo il lavaggio e spesso succede anche che vengono fatti servizi accessori. A volte anche nello stesso locale, altre in un locale vicino. Questo viola la legge, produce un fenomeno di concorrenza sleale verso le pulitintolavanderie tradizionali che hanno molti più obblighi rispetto a quelle self service e causa sovente anche elusione fiscale e contributiva.”
Al fine di fare chiarezza e mettere in moto un meccanismo che eviti gli abusi la questione è stata demandata a Confartigianato nazionale che si è rivolta ad Unioncamere. L’incontro con i rappresentanti tecnici di Unioncamere si è svolto a Roma nei giorni scorsi ed è servito per porre all’attenzione degli Enti Camerali il fenomeno. A breve seguirà un altro incontro con l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) che servirà per affrontare il problema della SCIA la dichiarazione per l’avvio dell’attività.
“Le tintolavanderie tradizionali sono attività artigiane regolamentate da una legge di settore – spiega ancora la Presidente Bidi – che individua una serie vincoli e di requisiti professionali per l’accesso che si aggiungono ad una serie di autorizzazioni e adempimenti di natura ambientale. Le lavanderie self service invece si configurano come attività commerciali attraverso il noleggio di lavatrici professionali ed essiccatoi utilizzati esclusivamente dalla clientela. Sono due cose chiaramente distinte, rivolte a clientele differenti.”
Nella pratica però, complice da un lato la possibilità di avere prezzi più bassi e dall’altra il requisito obbligatorio per le lavanderie tradizionali di avere un responsabile tecnico, che ha reso più difficile l’accesso alla professione, le cose sono andate diversamente.
“Si verifica sempre più spesso – continua Bidi – che accanto ad una lavanderia self service (e quasi sempre all’interno del medesimo locale), venga denunciata alla Camera di Commercio locale, un’attività di stireria o sartoria, per legittimare la presenza di un operatore che poi, impropriamente, fornisce un servizio di completa assistenza all’interno della lavanderia self service. Questo comportamento – ribadisce Bidi – vìola la normativa e genera un fenomeno di concorrenza sleale nei confronti delle lavanderie tradizionali, oltre che di evasione fiscale e contributiva.
La eventuale presenza di personale nelle lavanderie self service deve essere finalizzata alla pulizia del locale, ricarica delle gettoniere e attività di manutenzione strumentale delle lavatrici e degli essiccatoi e anche le indicazioni del Ministero sono chiare in questo senso. Ecco perchè – conclude Bidi – abbiamo chiesto alle Camere di Commercio di non consentire l’esercizio, benché secondario, di attività aggiuntive oltre quelle previste per le lavanderie self service. Questo permetterebbe di evitare attività abusive e le conseguenti elusioni fiscale e contributiva, oggi difficili da riscontrare da parte degli organi di controllo.”
Da parte di Unioncamere è stato annunciato l’impegno ad intervenire sul sistema camerale attraverso indicazioni operative chiare ai Conservatori dei Registri Imprese. Si è inoltre dichiarata la disponibilità a trovare rapidamente una soluzione tecnica con Infocamere per risolvere il problema delle imprese iscritte come lavanderie “self service” e alle quali sono stati aggiunti attività e servizi