Il 13 dicembre entrerà in vigore la nuova etichetta europea sulla etichettatura degli alimenti, che si basa sul regolamento europeo 1169/11.
“La normativa – spiega Mauro Cornioli presidente della federazione alimentaristi di Confartigianato Arezzo – è frutto di una lunga trattativa condotta a livello europeo volta a realizzare una base comune per regolamentare le informazioni sugli alimenti e consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli. In linea teorica, dunque, le nuove regole rispondono a un’esigenza di maggiore trasparenza, contribuiscono a uniformare le legislazioni dei singoli paesi e a garantire la libera circolazione di alimenti sicuri. Fin qui andrebbe tutto bene – continua Cornioli – ma a leggere con attenzione gli articoli del regolamento, che modifica e abroga tutta una serie di direttive precedenti, ci si accorge che qualche lacuna c’è.”
Quale ad esempio? “La più lampante -spiega Cornioli – è la mancanza dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento. In Italia la legge 109/1992 prevede l’obbligo di indicare la sede dello stabilimento, ma una volta entrato in vigore il nuovo regolamento europeo la legge 109 decadrà e tale indicazione potrà essere mantenuta solo a condizione che il governo italiano provveda alla notifica di questa norma alla Commissione europea. Insomma – sottolinea Cornioli – questa è una vittoria delle multinazionali, che va nella direzione opposta rispetto alla trasparenza verso il consumatore”.
Ma ci sono anche aspetti positivi. “Si, in realtà – spiega ancora Cornioli – si può dire che vi sono luci ed ombre. Se infatti la mancata indicazione dello stabilimento di produzione è un passo indietro, vi è anche la norma che prevede di indicare gli allergeni, che invece rappresenta un fatto altamente positivo. Altro fatto positivo sarà che l’etichetta dovrà essere più grande, dunque più leggibile per i consumatori”.
E per quanto riguarda le calorie? “Sul punto sono scettico – dice Cornioli – perchè l’indicazione delle calorie di per sé rischia di diventare fuorviante. Mi riferisco in particolare ai prodotti della nostra tradizione alimentare, come ad esempio i tortellini e la pasta ripiena in generale. Certo, hanno più calorie di altri tipi di pasta, ma non è quello l’elemento distintivo che qualifica questi prodotti. Non vorrei – conclude Cornioli – che questa previsione invece di dare indicazioni utili ai consumatori finisse per penalizzare i prodotti della dieta mediterranea, finendo per privilegiare prodotti cosidetti “light”, ma che in compenso non hanno il sapore e la valenza nutrizionale dei nostri prodotti, e magari sono ricchi di conservanti, coloranti e additivi vari.”